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Tempistiche per l’emissione di una fattura elettronica

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Sono passati quasi 5 mesi dall’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica e, sebbene ancora in molti sembrano resistere al cambiamento, la stragrande maggioranza dei contribuenti ha ormai assorbito il nuovo adempimento.

È anche vero che per venir incontro ai contribuenti, il legislatore ha previsto per questi primi mesi di non erogare sanzioni nel caso in cui la fattura non dovesse essere emessa nelle tempistiche previste dalla legge.

Vediamo in modo molto semplice com’era la normativa di riferimento prima della riforma della fatturazione elettronica, cosa è previsto in questa situazione di passaggio e come sarà a partire dal 1 luglio 2019.

Prima della fatturazione elettronica

La norma generale, così come stabilito dal DPR 633 del 1972, prevedeva che la fattura dovesse essere emessa nel momento di effettuazione dell’operazione, così come fissato nell’art. 6.

Questo voleva dire che doveva essere emessa al momento della spedizione o consegna dei beni, nel caso in cui si trattava di una cessione di beni, oppure al momento del pagamento nel caso di prestazioni di servizi.

Se un professionista riceveva un pagamento il 24/03, la fattura non doveva essere emessa oltre quella data, che rappresentava il termine ultimo di emissione.

Come sono cambiate le cose con la fatturazione elettronica

Con la fatturazione elettronica questo sistema è stato stravolto. La data che ha assunto rilevanza ai fini della verifica della regolarità di emissione è quella di invio al sistema di interscambio.

Ricordiamo nuovamente che il sistema d’interscambio è un portale dell’agenzia delle entrate che funge da tramite tra chi emette e chi riceve una fattura elettronica.

Quest’ultimo, in un arco temporale che va dalle 2-3 ore ai 4-5 giorni dall’invio, può validare o scartare un file ricevuto.

Una volta approvata dallo SDI si può considerare ufficialmente emessa.

In caso di scarto invece il contribuente deve mandare nuovamente lo stesso file, depurato dell’errore segnalato dallo SDI.

Ma tornando alla tempistica di emissione, cosa ha previsto il legislatore?

Sembra evidente come rispetto al passato, ci siano dei limiti tecnici che impediscono l’emissione con le stesse tempistiche precedenti.

Per sopperire a questo fatto è stato previsto con il Decreto Legge n. 119 Collegato alla Finanziaria 2019 di poter emettere la fattura entro 10 giorni dall’operazione.

Grazie a questo scarto temporale il contribuente avrà la possibilità di emetterla regolarmente senza dover modificare troppo la routine del proprio lavoro.

L’unica cosa che bisognerà tenere in considerazione è l’obbligo di annotazione della data dell’operazione.

Se ad esempio un professionista riceve un pagamento il 28 settembre, può emettere e trasmettere allo SDI la fattura entro l’8 ottobre, purché sia indicato nella descrizione che il pagamento è avvenuto il 28 settembre.

Stessa cosa se un fornitore di un ristorante consegna un bene il 28 settembre.

Potrà emettere la fattura entro l’8 ottobre indicando però la data di spedizione e il n. di documento di trasporto, che resta tuttora obbligatorio.

Cosa è stato previsto per i primi 6 mesi?

Il legislatore, come detto in precedenza, per venire incontro ai contribuenti in questa prima fase, ha previsto dei margini più larghi.

La fattura può infatti essere emessa e inviata allo SDI senza sanzioni entro il termine della liquidazione iva del periodo.

Facciamo ancora un esempio per chiarire meglio.

Se un professionista che liquida trimestralmente l’IVA ha ricevuto un pagamento il 5 gennaio, ha tempo fino al 16 maggio, data della liquidazione dell’IVA del primo trimestre per emettere e inviare regolarmente la fattura, senza ricevere sanzioni. Entro la liquidazione del periodo successivo le sanzioni sono invece ridotte al 20%.

Se invece liquida l’IVA mensilmente, per un pagamento ricevuto il 5 aprile, può emettere la fattura senza sanzioni entro il 16 maggio.

Cosa accade all’IVA in questa situazione?

Vediamo entrambi i punti di vista, quello del venditore/prestatore e quello dell’acquirente.

Torniamo all’esempio fatto in precedenza del professionista che emette e invia l’8 ottobre una fattura relativa a un pagamento ricevuto il 28 settembre.

Quando dovrà versare l’IVA? Il 16 ottobre o il 16 novembre?

La risposta giusta è la prima. Anche se la fattura viene inviata allo SDI l’8 ottobre, la competenza resta quella di settembre e quindi la relativa IVA va versata il 16 ottobre.

Stesso discorso vale ovviamente per l’acquirente, che potrà portarsi l’IVA in detrazione a settembre, mese in cui è avvenuto il pagamento.

Dott. Marco Palano 14/05/2019

Il Nuovo regime forfettario 2019: conviene o no?

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Uno degli argomenti sicuramente più caldi di questo 2019, per tutti i commercialisti d’Italia, oltre ovviamente alla fatturazione elettronica, è il calcolo della convenienza dell’applicazione del regime forfettario o meno per i propri clienti.

Con l’innalzamento del limite dei ricavi a 65.000 €, è aumentata nettamente la platea degli aventi diritto e, se si considera anche l’esonero dall’obbligo di emissione di fatture in formato elettronico, milioni di contribuenti stanno valutando se passare o meno al regime agevolato.

Ricordiamo brevemente in cosa consiste.

Cos’è il regime forfettario

Il regime forfettario è un regime di vantaggio nato con la legge 190 del 2014 che permette di determinare il reddito imponibile in maniera forfettaria e di applicare un’imposta sostitutiva del 15% (5% per i primi 5 anni di attività).

Il vantaggio è ovviamente un risparmio d’imposta, oltre che contributivo visto che prevede anche, se richiesta, una riduzione dei contributi previdenziali del 35%. Tale domanda va però fatta entro il 28 febbraio di ogni anno oppure non appena possibile in caso di apertura della partita iva oltre quella data.

Se la richiesta di sgravio contributivo era stata richiesta l’anno precedente invece, non bisogna fare niente in quanto la riduzione sarà automatica anche per l’anno in corso.

Il reddito imponibile

Nel regime ordinario

Nel regime ordinario il reddito imponibile è dato dalla differenza tra ricavi e costi opportunamente rettificati in base alla normativa fiscale che determina le percentuali forfettarie di deduzione.

A questi si levano gli oneri contributivi pagati nell’esercizio e si ottiene il reddito imponibile, sul quale si andranno poi ad applicare le aliquote di tassazione a scaglioni:

  • Il primo scaglione prevede una tassazione del 23% per redditi fino a 15.000 €;
  • Il secondo una tassazione del 27% per la parte da 15.001 € a 28.000 €;
  • Il terzo invece prevede un’aliquota del 38% per redditi tra 28.001 € e 55.000 €;
  • Il quarto 41% per redditi tra 55.001 € e 75.000 €;
  • Infine l’ultimo scaglione prevede un’imposta del 43% per la parte oltre i 75.000 €.

A questi vanno aggiunte le addizionali comunali e regionali ed eventualmente l’Irap, se si svolge la propria attività dotandosi di una vera e propria organizzazione.

Nel regime forfettario

Nel regime forfettario, come detto in precedenza, c’è un’imposta sostitutiva del 15% o del 5% a seconda che si tratti di nuova attività o meno, che va ad assorbire tutte le altre imposte.

L’unica cosa che non comprende sono i contributi previdenziali.

Come si calcola la convenienza

Il regime forfettario è sicuramente conveniente per chi ha pochi o zero costi. Questo perché i costi non si possono dedurre analiticamente. La deduzione avviene in maniera forfettaria con aliquote che variano a seconda del tipo di attività svolta, a differenza della soglia dei ricavi di 65.000 che è uguale per tutti a differenza del 2018 in cui variava da attività ad attività come i coefficienti di deduzione. Per i professionisti ad esempio è pari al 78%. Cosa vuol dire?

Vuol dire che se ricavi 50.000 €, puoi dedurti forfettariamente 11.000 € (il 22%).

Se quindi pensi di avere costi inferiori, uguali, o di poco superiori, è chiaramente conveniente applicare il regime forfettario.

Il discorso cambia se è un tipo di attività che prevede di sostenere grandi costi per conseguire i ricavi, come ad esempio 35.000 €. In quel caso non conviene aderire al regime forfettario.

Quali costi ti puoi dedurre nel regime forfettario?

La risposta è semplice: nessuno. L’unica spese che può abbassare il reddito imponibile è quella relativa agli oneri contributivi sostenuti nell’anno. Non ci si può dedurre neanche le spese mediche o quelle per ristrutturazioni per cui era riconosciuto un credito d’imposta. Da qui deriva la convenienza massima per chi non sostiene praticamente neanche un costo per la propria attività, magari perché ospitato nello studio del proprio committente o perché svolge la propria attività completamente da solo, senza l’ausilio di collaboratori.

Altri vantaggi

Il vantaggio per questo particolare regime agevolato non è solamente economico.

Tra questi i principali sono:

  • Esonero dallo spesometro (ora abolito con la fatturazione elettronica anche per i regimi ordinari);
  • Esonero dalla tenuta della contabilità. Basta infatti conservare in ordine le fatture presso la propria sede legale;
  • Non è sostituto d’imposta o sostituito. Questo implica che nelle proprie fatture non sarà applicata ritenuta d’acconto e non è neanche tenuto a trattenerla su una fattura passiva per poi versarla con f24 il mese successivo.
  • Esonero da liquidazione e dichiarazione iva, oltre alle comunicazioni trimestrali, abolite sempre dal 2019 con la fatturazione elettronica (in quanto non mette l’iva in fattura).

Di conseguenza è molto più facile la gestione della contabilità di un forfettario, il che implica un risparmio anche per la propria gestione.

Vediamo ora chi può accedere e chi rimane escluso

Rispetto al 2018, sono cambiate diverse cose oltre al limite dei ricavi innalzato a 65.000 €.

Sono stati aboliti precedenti limiti come quello dei 5.000 € per lavoro subordinato, di 20.000 € per acquisto di beni strumentali o di 30.000 € di redditi conseguiti nell’anno precedente come lavoratore dipendente.

Ora sono altri i limiti a cui si deve prestare attenzione.

Tra questi c’è ad esempio quello di non poter esercitare in maniera prevalente attività per il precedente datore di lavoro degli ultimi 2 anni o per soggetti ad esso collegati.

Il legislatore ha voluto con questo precetto, limitare il comportamento di certi datori di lavoro che per risparmiare gli oneri e i vincoli del lavoro dipendente avrebbero potuto licenziare, imponendo al dipendente di aprirsi la partita iva con il regime forfettario.

Un’altra causa di esclusione è quella di essere soci di srl che esercitano attività correlata alla propria.

Infine l’altra principale causa di esclusione è per quei soggetti che hanno un regime di vantaggio iva o che già determinano il reddito in maniera forfettaria, come i venditori porta a porta.

Fatturazione elettronica nel regime forfettario

Un’ altra cosa che ha reso appetibile l’entrata nel regime forfettario è sicuramente l’esonero dall’obbligo di emissione della fattura in formato elettronico.

Molti contribuenti, spaventati dal nuovo onere informatico, hanno infatti deciso di cambiare regime solo per rimandare di un anno detto obbligo. Già, perché l’esonero sarà solo per il 2019. A partire dal 2020 tutti i soggetti saranno obbligati a trasmettere la fattura in formato elettronico al sistema d’interscambio per adeguarsi anche alla normativa europea.

Per questo 2019 però si potrà godere ancora dall’esonero dalla fatturazione elettronica e le fatture potranno essere emesse con la vecchia modalità.

Vediamo come.

Fatture nel regime forfettario

Come si emettono le fatture nel regime forfettario? Vediamo gli elementi da considerare.

Oltre ai soliti dati anagrafici sia propri che del proprio cliente, un forfettario deve inserire nella propria fattura:

  • Il compenso (al quale non va applicata l’iva);
  • L’eventuale cassa professionale (4% per commercialisti, avvocati, architetti ecc.) o addebito del 4% a titolo di ritenuta inps
  • La marca a bollo di 2 euro a carico del cliente per prestazioni sopra i 78 euro. (Ricordiamo che la marca va applicata ogni qual volta in una fattura si superano i 78 euro non soggetti a iva, come nel caso del forfettario).
  • Il netto a pagare;
  • Infine, da non sottovalutare, le descrizioni che indicano il proprio regime di appartenenza che si sostanziano in queste 2 frasi:
–           Operazione in franchigia da IVA ai sensi dell’articolo 1 commi da 54 a 89 della Legge 190 del 23 dicembre 2014 – Regime forfetario
  • Il compenso non è soggetto a ritenute IRPEF ai sensi dell’articolo 1, comma 67 della stessa legge 190 del 23 dicembre 2014.

Obbligo di fatturazione elettronica per la cessione di carburanti: si va verso il rinvio

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In arrivo la proroga dell’obbligo di fatturazione elettronica per la cessione di carburanti. La legge di Bilancio 2018 aveva previsto l’entrata in vigore per il 1° luglio 2018.  Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Tria, è invece a lavoro per inserire nel decreto Dignità, atteso in settimana al Consiglio dei Ministri, il rinvio al 1° gennaio 2019.

Il primo gennaio sembra infatti una data più ragionevole per rendere obbligatoria una cosa per cui il paese si è dimostrato non ancora pronto. Ne è la prova schiacciante lo sciopero dei gestori di impianti di distribuzione di carburanti, previsto per ieri sera e annullato in seguito alla promessa di un rinvio dell’onere da parte del Ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Perché la fatturazione elettronica deve essere un’opportunità per il paese e uno strumento di crescita e non un elemento destabilizzante.

In attesa della proroga

SI rimane dunque in attesa della proroga per capire anche in che modo avverrà. Ancora non è chiaro infatti se ci sarà una proroga totale al 1 gennaio 2019 o se si procederà su binari paralleli. Nel primo caso la data di decorrenza dell’obbligo di fatturazione elettronica per tutto l’universo delle partite iva sarà appunto il 1° gennaio. Nel secondo, a partire dal 1 luglio 2018 potrà essere prevista sia la fattura elettronica, sia la classica scheda carburante, che sarà abolita definitivamente il 1 gennaio.

Dott. Marco Palano 26/06/2018

Tax planning - principi contabili internazionali IAS/IFRS

Fatturazione elettronica: obbligatoria dal 2019

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La legge di bilancio 2018 ha introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica. A partire dal 1 gennaio 2019,  l’adempimento riguarderà tutte le operazioni rilevanti ai fini Iva. Questo include sia le cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate verso soggetti passivi (B2B), sia verso consumatori finali (B2C).

Destinatario

A seconda del soggetto a cui viene emessa, varia la modalità di trasmissione. Se il destinatario è un altro soggetto passivo, si dovrà utilizzare il Sistema di Interscambio, utilizzando il formato “FatturaPA”, già in uso per le fatture verso la Pubblica Amministrazione. Se invece il destinatario è un consumatore finale la fattura non dovrà neanche essere trasmessa, bensì messa a disposizione sui canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Entrata in vigore

L’obbligo di fatturazione elettronica sorge per tutti i soggetti passivi Iva a partire dal 1 gennaio 2019. C’è un’eccezione costituita dalle operazioni di cessione di carburanti e idrocarburi. Per tali operazioni l’obbligo sorge a partire dal 1 luglio 2018.

Casi di Esonero

Sono escluse dall’obbligo di fatturazione elettronica tutte le operazioni:

  • Effettuate o ricevute da soggetti non residenti in Italia;
  • Effettuate da soggetti che hanno aderito al regime dei minimi o che si avvalgono del regime forfettario;
  • Per le quali è previsto l’esonero dalla fatturazione ordinaria come le cessioni certificate dal corrispettivo.

Differenze con la precedente normativa

Prima della Legge di Bilancio 2018 l’obbligo di fatturazione elettronica sorgeva esclusivamente per le operazioni effettuate nei confronti della PA. Dal 1 gennaio 2019 sarà invece obbligatoria per tutte le operazioni rilevanti ai fini Iva.

Una seconda differenza riguarda le prestazioni o cessioni effettuate nei confronti di consumatori finali. Prima delle legge di bilancio 2018 non era prevista la possibilità di fatturazione elettronica mentre la novità estende l’obbligo anche per le operazioni effettuate nei confronti di questi soggetti.

Una terza differenza riguarda l’esonero che prima riguardava tutte le operazioni tranne quelle effettuate verso la PA, ora riguarda solamente i soggetti non residenti, i soggetti che hanno aderito al regime agevolato dei minimi o forfettario e le operazioni per cui non sussiste l’obbligo di emissione della fattura ordinaria.

Dott. Marco Palano 31/01/2018

fatturazione - trasmissione telematica di fatture e corrispettivi

Da oggi si può esercitare l’opzione per la trasmissione telematica di fatture e corrispettivi

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A partire da oggi, 13 dicembre 2016 e fino al 31 marzo 2017, è possibile esercitare l’opzione per la trasmissione telematica di fatture e corrispettivi. A informare i contribuenti è stata l’Agenzia delle Entrate con un com. stampa del 09/12/2016.

Modalità di adesione

I contribuenti che intendono esercitare l’opzione, possono farlo a partire da oggi 13 dicembre, fino al 31 marzo 2017. L’opzione avrà durata quinquennale, quindi vincolerà il contribuente fino al 31/12/2021.

Per esercitare l’opzione occorre accedere all’area “fatture e corrispettivi” sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Per accedere al servizio occorre utilizzare proprie credenziali Fisconline o Entratel, la propria Carta Nazionale dei Servizi oppure attraverso Spid, il Sistema Pubblico di Identità Digitale.

L’adesione fino al 31 marzo è consentita solo per il 2017 in quanto è il primo anno. In questo modo si vuole dare al contribuente il tempo necessario per valutare la scelta, apprendere le tecniche accessorie e adeguare i propri sistemi informatici. Dal 2018, l’opzione andrà invece esercitata entro il 31/12/2017.

Dott. Marco Palano 13/12/2016

fatturazione - trasmissione telematica di fatture e corrispettivi

Fatturazione elettronica: pronta l’e-fattura per le imprese

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Nuovo formato di fatturaPA

Abbiamo trattato in precedenza l’evoluzione del fenomeno della fatturazione elettronica tra privati che porterà alla parziale eliminazione del cartaceo dagli uffici e renderà più efficaci e celeri i controlli da parte delle autorità di competenza, nonché lo scambio di informazioni tra imprese.

Con un comunicato stampa di venerdì 11 novembre 2016, l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile il nuovo formato fatturaPA. Fino ad oggi era utilizzato per la trasmissione delle fatture alla Pubblica Amministrazione. Ora è stato adeguato per consentire la fatturazione elettronica anche tra privati.

Dove e quando sarà disponibile?

Il nuovo formato è già disponibile al sito www.fatturapa.gov.it.

Sarà utilizzabile a partire dal 1 gennaio 2017. Le imprese che intendono abbracciare questa nuova forma di fatturazione, devono dunque adattare i propri sistemi informatici al nuovo tracciato unico XML e il relativo schema XSD entro quella data.

Come previsto dal Dlgs n. 127/2015, sarà inoltre possibile utilizzare il SdI (Sistema d’Interscambio) anche per i rapporti commerciali tra privati.

Dott. Marco Palano 14/11/2016

Pronta l’applicazione per la fatturazione elettronica tra privati

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È disponibile online l’applicazione web gratuita per la fatturazione elettronica. A renderlo noto è l’Agenzia delle Entrate con un comunicato stampa di venerdì 1/07.

Attraverso questo servizio, tutti i soggetti con partita iva possono ora generare, trasmettere e conservare le fatture elettroniche.

Come è nato? Da una collaborazione tra Agenzia e Sogei, che ha permesso ai privati di emettere le fatture in formato elettronico non solo verso la Pubblica Amministrazione, ma anche negli scambi Business 2 Business.

La web application è raggiungibile cliccando su questo sito https://goo.gl/LnhLVW, dove vengono illustrate anche le modalità di utilizzo del servizio.

I vantaggi

Quali sono i vantaggi di questa modalità di fatturazione?

  • Digitalizzazione dei processi;
  • Risparmio di carta;
  • Risparmio sui costi di spedizione e archiviazione;
  • Gestione più rapida ed efficiente;
  • Riduzione di errori ed oneri.

A partire dal 1 gennaio 2017, i fornitori di beni e servizi potranno utilizzare anche il Sistema di Interscambio, al momento obbligatorio solo per i fornitori della pubblica amministrazione, che diventerà dunque un’opzione facoltativa anche per gli scambi tra privati.

L’Agenzia ha inoltre dichiarato di volere introdurre nei prossimi mesi, l’App per dispositivi mobili. In questo modo si permetterà la fruizione del servizio indipendentemente dal dispositivo utilizzato.

Dott. Marco Palano 04/07/2016

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