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Decreto Dignità: abolito lo split payment per i professionisti

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Sono tante le novità previste dal Decreto Dignità approvato lo scorso 2 luglio dal Consiglio dei Ministri. Tra queste, una delle più importanti che riguarda i professionisti è quella dell’abolizione dello split payment. A partire dalla sua entrata in vigore, i professionisti potranno fatturare le loro prestazioni professionali rese nei confronti della Pubblica Amministrazione con modalità ordinarie.

Cos’è lo split payment

Introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, lo split payment è un meccanismo attraverso il quale le Pubbliche Amministrazioni che acquistano beni o servizi, qualora non siano soggetti passivi IVA, versano direttamente all’Erario l’imposta sul valore aggiunto addebitata dai propri fornitori, pagando dunque a questi ultimi il corrispettivo al netto dell’IVA.

Tale meccanismo è stato introdotto per contrastare la forte evasione fiscale in ambito iva originata da soggetti che incassano l’IVA sulle fatture emesse, ma non la versano all’Erario nelle rispettive scadenze.

A chi si applica?

Si applica a:

  • Stato;
  • Organi statali dotati di personalità giuridica;
  • Enti pubblici territoriali;
  • Camera di Commercio;
  • Istituti Universitari;
  • Asl;
  • Enti di previdenza;
  • Enti di pubblica assistenza e beneficienza.

Abolizione dello split payment per i professionisti

Come previsto dall’art.11 del Decreto Dignità, lo split payment per i professionisti fa un ritorno alle origini.

Inizialmente era infatti prevista l’esclusione dei professionisti, ma la manovra correttiva 2017 (DL 50/2017) ha esteso l’obbligo a tutti i soggetti operanti con la Pubblica Amministrazione. Con il Decreto Dignità si torna dunque alla precedente disciplina.

I soggetti sottoposti a split payment

I soggetti sottoposti a split payment che ricevono le fatture dai professionisti, saranno dunque tenuti ad operare la ritenuta alla fonte e liquidare l’Iva a tali soggetti, invece di versarla direttamente all’Erario.

Dott. Marco Palano 10/07/2018

Riduzione base imponibile per il calcolo di IMU e TASI

Acconto Imu e Tasi in scadenza il 18 giugno

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Manca meno di una settimana alla scadenza del pagamento del primo acconto di Imu e Tasi prevista per il 18 giugno. Approfittiamo per ricordare chi sono i soggetti tenuti al pagamento, il calcolo delle somme dovute e le modalità di pagamento.

Chi deve pagare

Sono tenuti al pagamento i proprietari e i titolari di diritti reali sugli immobili ad esclusione della prima casa. Quest’ultima infatti non rileva sia ai fini Imu che ai fini Tasi, con esclusione di quelle rientranti nelle categorie A1, A/8 e A/9. Anche gli affittuari sono tenuti al pagamento delle imposte, se non utilizzano l’immobile come prima casa.

Calcolo

La base per il calcolo resta invariata: il punto di partenza è la rendita catastale rivalutata del 5%, a cui si applica il coefficiente in base alla tipologia dell’immobile. In questo modo si ottiene l’imponibile su cui si applica aliquota fissata dal rispettivo comune di appartenenza.

Mentre l’Imu è sempre a carico del proprietario, la Tasi è anche a carico dell’inquilino con una proporzione che va dal 10 al 30%.

Modalità di pagamento

I contribuenti possono scegliere di pagare il primo acconto entro il 18 giugno o l0’intero importo in un’unica soluzione sempre con la stessa scadenza.

A differenza della dichiarazione dei redditi, non esiste una precompilata per quanto riguarda Imu e tasi quindi il contribuente dovrà provvedere al calcolo autonomamente o servendosi di un professionista.

Il pagamento può essere eseguito mediante bollettino postale o F24.

Riduzioni di pagamento

La Legge di Bilancio 2016 ha concesso uno sconto del 50% sulle imposte riguardanti immobili dati in comodato gratuito a genitori o figli. Per ottenere tale sconto è necessaria la presenza di un contratto registrato e il proprietario deve essere residente nello stesso comune del possesso e avere massimo un altro immobile in Italia. È previsto uno sconto anche per chi affitta, con canone concordato, l’immobile a soggetti che lo utilizzano come prima casa. La riduzione in questo caso è del 25% sia sull’Imu che sulla Tasi.

Dott. Marco Palano 12/06/2018

codici tributo - modello di pagamento unificato - 730/2017 - imposte sui redditi - rottamazione - modello rli

Legge di Bilancio 2018: Blocco delle compensazioni in F24

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Con l’introduzione del comma 49-ter nell’art. 37 del DL 223/2006 è stata data la facoltà all’Agenzia delle Entrate, di sospendere per 30 giorni l’esecuzione del modello F24 per verificare l’effettiva compensabilità di un determinato credito.
Il fine è quello di contrastare il fenomeno delle indebite compensazioni. Fino ad ora era stato limitato con il controllo di tutte le compensazioni di crediti iva per importi superiori a 5.000€. Ricordiamo che per poter porre in essere tali operazioni è necessario il visto di conformità da parte del professionista. Con la Legge di Bilancio 2018 è stato ampliato il raggio dei controlli.

La novità normativa

A partire dal 1 marzo 2018 ogni f24 che presenterà delle compensazioni (a prescindere dall’ammontare) sarà bloccato per 30 giorni, tempo concesso all’Amministrazione Finanziaria per verificare la sussistenza dei requisiti di compensabilità. Trascorsi i 30 giorni ci saranno due possibili situazioni:
• La compensazione non presenta irregolarità;
• Dal controllo emerge una compensazione indebita.
Nella seconda ipotesi la delega sarà annullata e i pagamenti e le compensazioni si considereranno non eseguiti.
Con questo sistema l’Amministrazione Finanziaria si tutela dal rischio di una compensazione irregolare che porterebbe a dover intraprendere un’azione di recupero nel momento in cui dovesse essere scoperta.

Soggetti a rischio

Sembra evidente che, visto l’alto numero di compensazioni che avvengono tutti i giorni, difficilmente saranno tutti sottoposti al controllo. Priorità verrà quindi data ai soggetti più rischiosi. Il rischio sarà più alto per soggetti recidivi, o per soggetti che hanno compensato crediti:
• Per pagare debiti iscritti a ruolo;
• Riferiti a periodi d’imposta remoti;
• Di cui non avevano la titolarità.

Le sanzioni

Dal punto di vista delle sanzioni, la riforma è sicuramente favorevole ai contribuenti.
Come chiarito ieri a Telefisco 2018, un contribuente che vede annullarsi la delega, sarà considerato in mora per il mancato pagamento del tributo. La differenza con la precedente disciplina è notevole.

Prima delle riforma

Prima della riforma si sarebbe parlato di compensazione indebita. La conseguente sanzione, ai sensi dei commi 4 e 5 dell’art. 13 DLgs. 471/97, era pari:
• Al 30% del debito indebitamente compensato in caso di credito non spettante;
• 100 o 200% in caso di credito inesistente.

Dopo la riforma

Con la novità della Legge di Bilancio invece, le sanzioni saranno legate unicamente al mancato versamento del tributo. Non si potrà parlare di compensazione indebita se la delega viene annullata in seguito al riscontro dell’irregolarità. Le sanzioni saranno in questo caso, ai sensi del 1 comma dell’art. 13 sopra citato, pari al:
• 15%, ridotto a 1/15 per giorno di ritardo se non supera i 14 giorni;
• 15% dal quindicesimo al novantesimo giorno;
• 30% oltre il novantesimo giorno di ritardo.

Dott. Marco Palano 02/02/2018

Studio Palano Consulenza

Il lavoro autonomo occasionale

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Il lavoro autonomo occasionale rientra nella disciplina del contratto d’opera trattato nell’art. 2222 del Codice Civile. Ai sensi di tale articolo si ha contratto d’opera “quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”. Prevede dunque lo svolgimento di un’attività autonomamente esercitata senza vincoli di subordinazione o coordinamento.

Per trattarsi di lavoro autonomo occasionale inoltre, l’attività deve essere esercitata:

  • In modo saltuario e sporadico (non deve esserci abitualità e continuità);
  • Senza una vera e propria organizzazione;
  • Senza professionalità.

Il vantaggio più grande per i soggetti che svolgono attività di questo tipo è sicuramente l’esonero dall’apertura della partita Iva. Questo lo rende uno degli strumenti più appetibili per i contribuenti che vogliono affiancare al proprio lavoro abituale, un’attività saltuaria che non prevede troppi adempimenti fiscali e previdenziali.

Ambito di applicazione

Per rientrare nelle prestazioni occasionali, un’attività di lavoro autonomo deve rispettare determinati limiti quantitativi.

Superati questi limiti, la prestazione perderà il requisito dell’occasionalità e rientrerà nelle fattispecie di lavoro autonomo abituale o di lavoro dipendente se c’è l’elemento della coordinazione.

La normativa non fornisce dei precisi limiti quantitativi che definiscano una prestazione come occasionale.

Con l’art. 52 del D.Lgs. 15 n. 81/2015 sono infatti state abrogate le collaborazioni occasionali. Esse consistevano in rapporti di lavoro che non dovevano superare i 30 giorni l’anno e i 5.000 € lordi di corrispettivo per committente.

È chiaro che non è essenziale solo la componente economica. Se ad esempio un soggetto svolge una prestazione il cui corrispettivo sono 200 euro al mese per 3 giorni di lavoro al mese, anche se l’impegno non è quotidiano, la regolarità e stabilità della prestazione fa venire meno il requisito dell’occasionalità.

Al contrario se si fatturano ad esempio 8.000 € per un’unica prestazione nei confronti di un unico committente, la prestazione è da considerarsi occasionale.

Non è vera la convinzione che superati i 5000 € di ricavi la prestazione non si considera più occasionale.

Se sussiste il carattere dell’occasionalità, il superamento di tale limite non comporterà l’apertura della partita Iva. Il contribuente dovrà però iscriversi alla gestione separata dell’Inps, andando a pagare il 33,23% sulla frazione di ricavi che eccede i 5000 euro.

Adempimenti contabili e fiscali

Come dovrà comportarsi un lavoratore autonomo occasionale al momento dell’incasso del corrispettivo?

La normativa prevede l’obbligo di emissione di una ricevuta alla data dell’incasso. Se l’importo supera i 77,47 euro si deve applicare una marca da bollo da 2 euro. Non avendo una posizione iva attiva, nella ricevuta non dovrà essere addebitata l’Iva. Va addebitata invece una ritenuta d’acconto del 20% che in sede di dichiarazione sarà scomputata dall’IRPEF. Se il committente non è un sostituto d’imposta quest’onere viene meno. In sintesi, la ricevuta deve contenere:

  • Generalità del committente;
  • Propri dati personali;
  • Data e il numero progressivo d’ordine della ricevuta;
  • Corrispettivo lordo;
  • Ritenuta d’acconto del 20% calcolata sul compenso lordo;
  • Importo netto che verrà corrisposto.

Ex. Sostituto d’imposta                                                    Ex. No sostituto d’imposta

Compenso lordo        100                                                  Compenso lordo      100

Ritenuta d’acconto   -20                                                   Marca da bollo             2

Marca da bollo            2                                                   Netto a pagare         102

Netto a pagare         82

Come si può notare dagli esempi, la marca da bollo resta a carico del committente a prescindere dalla qualifica o meno di sostituto d’imposta. Nel caso si superino i 5000 euro lordi inoltre, alla ritenuta di acconto va aggiunta la ritenuta Inps.

Per quanto riguarda invece la dichiarazione dei redditi, i redditi derivanti da queste attività vanno inseriti, al netto delle spese strettamente inerenti, nel quadro D del modello 730 o in quello RL del modello Redditi persone fisiche. Va indicata inoltre l’eventuale ritenuta d’acconto subita.

Esonero della dichiarazione

I contribuenti che conseguono nell’arco dell’anno redditi inferiori ai 4.800 € lordi annui sono esonerati dalla dichiarazione. Il problema è che se sono state operate delle ritenute d’acconto, queste somme possono essere recuperate solo attraverso la dichiarazione. In questi casi è quindi opportuno presentare ugualmente la dichiarazione.

Dott. Marco Palano 26/01/2018

Compilazione dell'F24 - start up innovative - acconto Ires

I nuovi limiti di detrazione dell’Iva

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Il DL 50/2017 ha modificato radicalmente i termini entro i quali può essere effettuata la detrazione dell’Iva.

La precedente normativa dettata dal DPR 633/1972 consentiva la detrazione entro il temine di presentazione della dichiarazione Iva dell’anno successivo. Per le fatture datate 2013 ad esempio, la detrazione era possibile entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva per il 2014 (febbraio 2015). Tali termini sono stati ridotti a partire dal 2018. Per le fatture datate 2017 infatti la detrazione sarà possibile unicamente entro il 30 aprile 2018, termine ultimo per presentare la dichiarazione Iva del 2017.

Una discriminante essenziale, chiarita nella circolare 1/2018 dell’Agenzia dell’entrate, è la data di ricevimento della fattura.

Analizziamo le varie ipotesi

In caso di fatture ricevute nel 2017, relative a operazioni del medesimo anno, l’imposta si può detrarre:

  • In caso di registrazione entro il 31.12.17, con le ordinarie liquidazioni periodiche;
  • In caso di registrazione tra il 01.01 e il 30.04.18, con la dichiarazione relativa al 2017 presentata entro il 30.04.18. In questo caso, la fattura andrà registrata in una sezione speciale del registro iva relativa alle fatture ricevute nel 2017 e la relativa imposta, concorrerà a formare il saldo Iva della dichiarazione presentata in quella data.

In caso di fatture ricevute nel 2018 relative a operazioni effettuate nel 2017, l’imposta può essere detratta:

  • In caso di registrazione entro il 31.12.18, con le ordinarie liquidazioni periodiche;
  • In caso di registrazione tra il 01.01 e il 30.04.19, con la dichiarazione relativa al 2018 presentata entro il 30.04.19. In questo caso, la fattura andrà registrata in una sezione speciale del registro iva relativa alle fatture ricevute nel 2018 e la relativa imposta, concorrerà a formare il saldo Iva della dichiarazione presentata in quella data.

Iva per cassa

Per i soggetti che hanno adottato il regime dell’Iva per cassa, i termini sono un leggermente più favorevoli. Per tali soggetti infatti, le discriminanti per l’esigibilità dell’Iva sono il pagamento del corrispettivo e l’effettivo possesso della fattura. Questo vuol dire che l’Iva su una fattura ricevuta a dicembre 2017, ma pagata a maggio 2018, può tranquillamente essere detratta con la liquidazione del 16.06.18.

Dichiarazione integrativa a favore

La normativa fornisce però un salvagente ai contribuenti che non hanno rispettato i limiti temporali sopra descritti. Questo salvagente consiste nella dichiarazione integrativa di cui all’articolo 8, comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (vale a dire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione), la quale può essere presentata per correggere omissioni o errori che hanno comportato l’indicazione di un maggior debito d’imposta, un maggiore imponibile o una minore eccedenza detraibile.

Dott. Marco Palano 23/01/2018

Tasse - proroga - Modello 730 - Web Tax

Legge di Bilancio 2018: la web tax

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La web tax è una delle tasse che più ha fatto discutere negli ultimi anni. Si tratta di un’imposta sui servizi forniti attraverso internet o una rete elettronica la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata da un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione. Introdotta definitivamente nel nostro ordinamento con la legge di bilancio 2018, andrà a colpire, a partire dal 1 gennaio 2019, tutti i soggetti che effettuano online più di 3000 transazioni B2B l’anno. Inizialmente era stata istituita con un’aliquota del 6%. Poi è stato deciso di ridurla al 3% sulle transazioni effettuate online al netto dell’iva.

Soggetti colpiti

I soggetti interessati sono tutti coloro che effettuano più di 3000 transazioni l’anno grazie alla rete. Con questo si includono sia le imprese residenti, che quelle non residenti con una stabile organizzazione.

Il limite decisamente basso è volto proteggere le piccole imprese e renderle più competitive sia sul mercato interno che su quello internazionale. Il problema è che 3000 transazioni l’anno sono un numero esiguo per chi opera nel web. Questo vuol dire che la maggior parte delle imprese italiane saranno colpite e svantaggiate rispetto ai concorrenti stranieri i. Questi ultimi infatti, con questa tassa, assolverebbero tutti gli obblighi impositivi in Italia. Le imprese residenti invece dovranno comunque pagare anche l’IRES e L’IRAP vedendo ridurre sempre di più il proprio margine di profitto. La conseguenza sarà una necessità di vendere a prezzi più alti rispetto ai competitors.

Sono invece esclusi dalla manovra:

  1. I soggetti che hanno aderito al regime forfettario (art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014);
  2. Coloro che hanno aderito al regime dell’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (di cui all’art. 27 del D.l. 98/2011);
  3. Le stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate nel medesimo territorio.

Decorrenza

L’entrata in vigore è stabilita per il 1 gennaio 2019 ed entro il 30 aprile 2018, il MEF dovrà emanare un decreto con cui stabilisce quali sono le prestazioni di servizi che saranno colpite dall’imposizione. L’Agenzia delle Entrate, nei 60 giorni successivi, dovrà indicare le modalità di segnalazione delle operazioni rilevanti ai fini della web tax ed infine sarà sempre un provvedimento delle Entrate a stabilire quali saranno gli adempimenti dichiarativi e le modalità di pagamento dell’imposta. Pagamento che con tutta probabilità sarà effettuato mediante ritenuta alla fonte da parte dell’acquirente, da versare il 16 del mese successivo all’operazione.

Ambito Europeo

In ambito comunitario, i prossimi mesi potrebbero essere decisivi per delineare una normativa comune.

Dott. Marco Palano 15/01/2018

spesometro

Spesometro: ufficiale proroga al 5 ottobre

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È ufficiale la proroga dello spesometro al 5 ottobre 2017. A formalizzarla è stata l’Agenzia delle Entrate con un comunicato stampa di ieri 25/09.

Cos’è lo spesometro

Ricordiamo innanzitutto cos’è lo spesometro. È una comunicazione semestrale (trimestrale dal 2018) con cui titolari di partita iva, imprese e lavoratori autonomi devono dichiarare con un modello, tutte le operazioni rilevanti ai fini iva e tutte le spese per cui non c’era l’obbligo di fatturazione superiori a 3600 euro. Entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo al trimestre, andranno comunicati inoltre tutti i versamenti iva effettuati per quel trimestre.

Proroga

Con un comunicato stampa di ieri, l’Agenzia delle Entrate ha ufficializzato la ripresa del servizio web “fatture e corrispettivi”, sospeso dalla serata del 22 settembre. A partire da oggi, 26/09 sarà nuovamente disponibile. La ragione dell’interruzione del sevizio sta negli interventi correttivi effettuati da Sogei. Le funzionalità non saranno però tutte accessibili. La società che si occupa del sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria, sta effettuando ulteriori interventi. In particolare non saranno immediatamente disponibili:

  • La modifica dei dati fattura attraverso interfaccia web;
  • La visualizzazione delle notifiche di esito delle sole fatture elettroniche, delle comunicazioni trimestrali Iva e quelle relative ai corrispettivi;
  • La precompilazione dei dati all’interno delle funzionalità di generazione dati fattura.

L’Agenzia ricorda, che tutti gli altri canali di trasmissione dei dati attraverso softwer gestionali sono sempre stati attivi.

Considerando tutti i disagi sopra elencati, è in corso un provvedimento del direttore dell’Agenzia con cui saranno ritenute tempestive, tutte le comunicazioni effettuate entro il 5 ottobre 2017.

In caso l’Agenzia riscontri obbiettive difficoltà per i contribuenti, si valuterà la possibilità di non applicare le sanzioni. Per ottenere questo beneficio, si devono riscontrare meri errori materiali. L’adempimento inoltre, deve essere effettuato entro 15 giorni dall’originaria scadenza del 28 settembre.

La protesta dei commercialisti

Non è mancata nei giorni scorsi, la protesta dei commercialisti. Questi ultimi chiedevano una proroga quantomeno al 15 ottobre, giudicando di estrema gravità la situazione che si è venuta a creare.  Lo si legge in una lettera inviata dal presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E’ stato richiesto di considerare questo primo invio come un invio sperimentale con conseguente possibilità di modificare eventuali errori anche dopo la scadenza. Se così non fosse, non risponderanno di eventuali sanzioni irrogate ai propri clienti in conseguenza di un servizio che allo stato attuale dei fatti, si è dimostrato inadeguato.

Dott. Marco Palano 26/09/2017

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Contratti di locazione immobili 2017: è operativo il nuovo modello RLI

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Da ieri, 19 settembre, è diventato operativo e obbligatorio il nuovo modello RLI. Con esso sarà possibile compiere la registrazione dei contratti di locazione e affitto di immobili, nonché i successivi adempimenti. La compilazione e la trasmissione potranno avvenire unicamente in via telematica, autonomamente o per mezzo di un professionista delegato.

Caratteristiche del modello RLI

Tale modello consente di:

  • Richiedere la registrazione,
  • Comunicare proroghe, cessioni, subentro e risoluzionidei contratti di locazione e affitto di beni immobili,
  • Esercitare o revocare l’opzione della cedolare secca,
  • Registrare contratti di affitto dei terreni e degli annessi titoli PAC,
  • Comunicare il subentro nel contratto di locazione;
  • Comunicazione dei dati catastali;
  • Denuncerelative ai contratti di locazione non registrati, ai contratti di locazione con canone superiore a quello registrato o ai comodati fittizi;
  • Registrazione dei contratti di locazione con previsione di canoni differentiper le diverse annualità;
  • Registrazione dei contratti di locazione a tempo indeterminato;
  • Ravvedimento operoso;
  • Registrazione dei contratti di locazione di pertinenze concesse con atto separatorispetto all’immobile principale.

Composizione del modello RLI

Il modello, oltre al frontespizio che contiene l’informativa sul trattamento dei dati personali, è composto da:

  1. Quadro A “Dati generali” che comprende ad esempio la tipologia del contratto, la data di stipula e la durata della locazione e una sezione dedicata agli adempimenti successivi come proroga, cessione, subentro e risoluzione. Troviamo inoltre i dati del richiedente la registrazione e la sezione riservata alla presentazione in via telematica;
  2. Quadro B “Soggetti”, in cui sono indicati i dati dei locatori e dei conduttori;
  3. Quadro C “Dati degli immobili”, riguardante i dati degli immobili principali e delle relative pertinenze;
  4. Quadro D “Locazione ad uso abitativo e opzione/revoca cedolare secca”, contenente le informazioni relative al regime della cedolare secca;
  5. Quadro E “Locazione con canoni differenti per una o più annualità”, in cui possono essere indicati i diversi canoni di locazione pattuiti nel contratto per le successive annualità.

Modello RLI semplificato

Ci sono casi in cui il modello RLI può essere presentato in forma semplificata:

  • Un numero di locatori e di conduttori, rispettivamente, non superiore a tre,
  • Una sola unità abitativa ed un numero di pertinenze non superiore a tre
  • Tutti gli immobili devono essere censiti con attribuzione di rendita;
  • Il contratto contiene esclusivamente la disciplina del rapporto di locazione e, pertanto, non comprende ulteriori pattuizioni;
  • Il contratto è stipulato tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di un’impresa, arte o professione.

Gli utenti del servizio telematico trasmettono i dati contenuti nella richiesta di registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili e i dati relativi al versamento delle imposte di registro e di bollo secondo le specifiche tecniche contenute nell’Allegato B. Ciascun file può contenere i dati relativi alla richiesta di registrazione di un solo contratto ovvero alla comunicazione di uno o più adempimenti successivi che si riferiscono ad un solo richiedente.

Dott. Marco Palano 20/09/2017

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Rottamazione cartelle: secondo pagamento entro il 2 ottobre

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È in dirittura d’arrivo la scadenza della seconda rata per chi ha aderito alla definizione agevolata.

L’Agenzia delle Entrate-riscossione, agente della riscossione che ha sostituito Equitalia, ha chiarito con un comunicato stampa che la scadenza del 30 settembre è slittata al 2 ottobre, in quanto il 30 cade di sabato.

Per i contribuenti che hanno rottamato i propri carichi, rappresenta un termine importante considerando che il mancato pagamento di una sola rata, fa perdere tutti i benefici della rottamazione.

Ricordiamo gli elementi importanti da tenere in mente.

Termine

La scadenza, come sopra citato, è passata dal 30 settembre al 2 ottobre 2017. La ragione sta nel fatto che il 30 settembre cade di sabato. In questi casi la legge consente di effettuare i pagamenti entro il primo giorno lavorativo successivo. Non bisogna preoccuparsi quindi, se il 30 settembre si realizza di non avere ancora adempiuto al pagamento.

Bollettini di pagamento

Con la definizione agevolata, tutti i contribuenti che hanno aderito, hanno ricevuto una comunicazione delle somme dovute. In questo documento, oltre ai calcoli che hanno generato la somma finale da pagare, sono allegati i bollettini di pagamento. Essi contengono:

  • L’importo;
  • Il numero della rata;
  • La scadenza di pagamento;
  • Il codice RAV

Ci sono dunque tutte le informazioni utili al contribuente per effettuare i pagamenti in tutta consapevolezza.

Modalità di pagamento

I soggetti interessati hanno la possibilità di pagare i bollettini in diversi modi:

  • Sportelli bancari: Presentando il bollettino e versando la somma in contanti, con addebito in banca o con carta di credito;
  • Internet banking: soluzione che consente un pagamento in piena autonomia sul sito internet della propria banca;
  • Domiciliazione bancaria: compilando l’apposito modulo inviato con la definizione agevolata. In questo modo ci sarà l’addebito diretto sul proprio conto corrente. Il modulo va presentato almeno 20 giorni prima della scadenza della rata, quindi per questa rata, la scadenza di presentazione era il 12 settembre;
  • ATM;
  • Uffici postali;
  • Tabacchi convenzionati;
  • Sito Agenzia dell’entrate o App Equiclick;
  • Sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione.

Si ricorda che i pagamenti in contanti possono essere effettuati per importi inferiori ai 3.000 euro.

Cosa succede se non si paga

Saltando la seconda rata, così come un’altra qualsiasi rata, si decade dalla definizione agevolata. Questo comporta  l’impossibilità di tornare a un eventuale precedente piano di rateazione, nonché la ripresa delle misure esecutive in essere prima dell’adesione, come i pignoramenti.  Vengono inoltre inclusi nuovamente gli interessi di mora e le sanzioni e le somme versate vengono considerate acconti.

Dott. Marco Palano 15/09/2017

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