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Rottamazione ter

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Il 30 aprile 2019 scade la possibilità di presentare la domanda di adesione alla rottamazione ter, la terza tranche di definizione agevolata prevista dopo la prima introdotta alla fine del 2016.

Questo tipo di istituto consente di estinguere debiti affidati all’agente della riscossione tra il 1 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2017 pagando solamente il debito originario al netto di sanzioni e interessi.

Nel caso delle sanzioni per violazione del codice della strada, vengono cancellate solamente gli interessi e le maggiorazioni, restando invece integra la sanzione orginaria dovuta.

Cosa si paga? Oltre al tributo, il contribuente sarà tenuto a pagare l’aggio, le spese per procedure esecutive e le spese di notifica. A questi si aggiunge il tasso d’interesse per pagamento dilazionato, cosa che non c’è in caso di pagamento in un’unica rata.

Numero di rate

Il numero di rate è una delle decisioni fondamentali da prendere quando si aderisce alla rottamazione perchè, per importi consistenti, inciderà sul valore dei singoli pagamenti dovuti.

Ma in quante rate si può pagare?

Nella prima rottamazione si potevano pagare da 1 a 5 rate, scadenti in parte nell’anno della richiesta e in parte nell’anno successivo.

Con la rottamazione ter il legislatore ha voluto spalmare su più anni i pagamenti dovuti dai contribuenti in modo da venir incontro a quei soggetti che trovandosi in difficoltà economica più o meno conclamata, potevano aver difficoltà a pagare tutte le rate entro 1 anno e mezzo dalla domanda.

Le rate previste per quest’ultima ondata di definizione agevolata sono fino a un massimo di 18 così distribuite:

-2 rate pari al 10% dell’importo totale nel 2019 e più precisamente il 31 luglio e il 30 novembre.

-4 rate annuali fino al 2023 con scadenza 28/02, 31/05, 31/08, 30/11

Pagamenti in ritardo

Un altro cambiamento rispetto alle precedenti versioni introdotto dalla rottamazione ter è la tolleranza sui ritardi di pagamento.

Prima per decadere dalla rottamazione con conseguente re iscrizione degli importi a ruolo, avveniva anche in caso di ritardo di 1 giorno.

Ora al contribuente è data la possibilità di pagare con un ritardo di 5 giorni prima di perdere i benefici della rottamazione.

Non tutti i carichi sono però rottamabili.

Carichi rottamabili e non

Non sono rottamabili:

  • Recupero degli aiuti di Stato considerati illegittimi dall’Unione Europea;
  • Crediti derivanti da condanne pronunciate dalla Corte dei conti;
  • Multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
  • Sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali.

Si può invece richiedere la definizione agevolata per:

  • Debiti per i quali non è mai stata chiesta una precedente Definizione agevolata;
  • Debiti per i quali si era già aderito alle precedenti edizioni delle “rottamazioni” (DL n. 193/2016 e DL n. 148/2017), e non si era provveduto al pagamento delle rate;
  • Debiti per i quali non è mai stata presentata domanda di Definizione e, per effetto di pagamenti già effettuati, risultano ancora dovute unicamente le somme a titolo di sanzioni e interessi di mora.

Anche qui si nota subito una differenza con le precedenti versioni. Con la rottamazione bis infatti non si potevano includere carichi precedentemente finiti nella prima rottamazione in seguito al mancato pagamento di una rata e conseguente decadimento. Questi ultimi addirittura ci finiscono dentro automaticamente, senza la necessità di presentare alcuna domanda.

L’unico requisito perché questo si verifichi, è una situazione di pagamento regolare al 7 dicembre delle rate di luglio, settembre e ottobre 2018.

Prospetto informativo.

L’agenzia delle entrate-riscossione ha introdotto un prospetto informativo scaricabile dalla propria area riservata con cui è possibile conoscere in anticipo rispetto alla ricezione della comunicazione delle somme dovute, quali carichi possono essere inclusi e quali no e per quali importi. In questo modo si può decidere anche in base alle proprie disponibilità economiche quali cartelle e quali singoli carichi includere nella richiesta di definizione agevolata.

L’area riservata si trova sul sito https://www.agenziaentrateriscossione.gov.it/it/cittadini/EstrattoConto/ dove bisogna entrare con le proprie credenziali Spid, Inps o Fisconline e andare nella sezione “definizione agevolata” posta sulla sinistra, all’interno della quale si può accedere al prospetto informativo.

Presentazione della domanda

Termini

La scadenza per presentare la domanda è il 30 aprile 2019. Entro il 30 giugno l’Agenzia delle entrate-riscossione è tenuta a inviare al contribuente la comunicazione delle somme dovute, un documento che certifica l’accoglimento dell’istanza e tutte le date in cui bisogna effettuare i versamenti.

Modalità

La richiesta può essere fatta attraverso 3 diversi canali:

  • Online in modalità “Fai da te”;
  • Attraverso lo sportello;
  • Attraverso la casella pec competenze in base al territorio, sia autonomamente che tramite un intermediario.

Conseguenze

La presentazione della domanda comporta numerosi vantaggi per il contribuente.

Oltre a versare una somma inferiore per via della decurtazione di sanzioni e interessi di mora, vengono interrotte tutte le procedure esecutive iniziate e non saranno avviate nuove procedure cautelari o esecutive.

Inoltre con la presentazione si sospendono i termini di prescrizione e decadenza dei carichi e si sospendono le rateizzazioni avviate precedentemente su carichi rientrati nella definizione agevolata.

Una cosa importante da considerare è che, un debito inserito in definizione agevolata, non potrà essere soggetto a una nuova rateizzazione in futuro.

Dott. Marco Palano 08/04/2019

Il Nuovo regime forfettario 2019: conviene o no?

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Uno degli argomenti sicuramente più caldi di questo 2019, per tutti i commercialisti d’Italia, oltre ovviamente alla fatturazione elettronica, è il calcolo della convenienza dell’applicazione del regime forfettario o meno per i propri clienti.

Con l’innalzamento del limite dei ricavi a 65.000 €, è aumentata nettamente la platea degli aventi diritto e, se si considera anche l’esonero dall’obbligo di emissione di fatture in formato elettronico, milioni di contribuenti stanno valutando se passare o meno al regime agevolato.

Ricordiamo brevemente in cosa consiste.

Cos’è il regime forfettario

Il regime forfettario è un regime di vantaggio nato con la legge 190 del 2014 che permette di determinare il reddito imponibile in maniera forfettaria e di applicare un’imposta sostitutiva del 15% (5% per i primi 5 anni di attività).

Il vantaggio è ovviamente un risparmio d’imposta, oltre che contributivo visto che prevede anche, se richiesta, una riduzione dei contributi previdenziali del 35%. Tale domanda va però fatta entro il 28 febbraio di ogni anno oppure non appena possibile in caso di apertura della partita iva oltre quella data.

Se la richiesta di sgravio contributivo era stata richiesta l’anno precedente invece, non bisogna fare niente in quanto la riduzione sarà automatica anche per l’anno in corso.

Il reddito imponibile

Nel regime ordinario

Nel regime ordinario il reddito imponibile è dato dalla differenza tra ricavi e costi opportunamente rettificati in base alla normativa fiscale che determina le percentuali forfettarie di deduzione.

A questi si levano gli oneri contributivi pagati nell’esercizio e si ottiene il reddito imponibile, sul quale si andranno poi ad applicare le aliquote di tassazione a scaglioni:

  • Il primo scaglione prevede una tassazione del 23% per redditi fino a 15.000 €;
  • Il secondo una tassazione del 27% per la parte da 15.001 € a 28.000 €;
  • Il terzo invece prevede un’aliquota del 38% per redditi tra 28.001 € e 55.000 €;
  • Il quarto 41% per redditi tra 55.001 € e 75.000 €;
  • Infine l’ultimo scaglione prevede un’imposta del 43% per la parte oltre i 75.000 €.

A questi vanno aggiunte le addizionali comunali e regionali ed eventualmente l’Irap, se si svolge la propria attività dotandosi di una vera e propria organizzazione.

Nel regime forfettario

Nel regime forfettario, come detto in precedenza, c’è un’imposta sostitutiva del 15% o del 5% a seconda che si tratti di nuova attività o meno, che va ad assorbire tutte le altre imposte.

L’unica cosa che non comprende sono i contributi previdenziali.

Come si calcola la convenienza

Il regime forfettario è sicuramente conveniente per chi ha pochi o zero costi. Questo perché i costi non si possono dedurre analiticamente. La deduzione avviene in maniera forfettaria con aliquote che variano a seconda del tipo di attività svolta, a differenza della soglia dei ricavi di 65.000 che è uguale per tutti a differenza del 2018 in cui variava da attività ad attività come i coefficienti di deduzione. Per i professionisti ad esempio è pari al 78%. Cosa vuol dire?

Vuol dire che se ricavi 50.000 €, puoi dedurti forfettariamente 11.000 € (il 22%).

Se quindi pensi di avere costi inferiori, uguali, o di poco superiori, è chiaramente conveniente applicare il regime forfettario.

Il discorso cambia se è un tipo di attività che prevede di sostenere grandi costi per conseguire i ricavi, come ad esempio 35.000 €. In quel caso non conviene aderire al regime forfettario.

Quali costi ti puoi dedurre nel regime forfettario?

La risposta è semplice: nessuno. L’unica spese che può abbassare il reddito imponibile è quella relativa agli oneri contributivi sostenuti nell’anno. Non ci si può dedurre neanche le spese mediche o quelle per ristrutturazioni per cui era riconosciuto un credito d’imposta. Da qui deriva la convenienza massima per chi non sostiene praticamente neanche un costo per la propria attività, magari perché ospitato nello studio del proprio committente o perché svolge la propria attività completamente da solo, senza l’ausilio di collaboratori.

Altri vantaggi

Il vantaggio per questo particolare regime agevolato non è solamente economico.

Tra questi i principali sono:

  • Esonero dallo spesometro (ora abolito con la fatturazione elettronica anche per i regimi ordinari);
  • Esonero dalla tenuta della contabilità. Basta infatti conservare in ordine le fatture presso la propria sede legale;
  • Non è sostituto d’imposta o sostituito. Questo implica che nelle proprie fatture non sarà applicata ritenuta d’acconto e non è neanche tenuto a trattenerla su una fattura passiva per poi versarla con f24 il mese successivo.
  • Esonero da liquidazione e dichiarazione iva, oltre alle comunicazioni trimestrali, abolite sempre dal 2019 con la fatturazione elettronica (in quanto non mette l’iva in fattura).

Di conseguenza è molto più facile la gestione della contabilità di un forfettario, il che implica un risparmio anche per la propria gestione.

Vediamo ora chi può accedere e chi rimane escluso

Rispetto al 2018, sono cambiate diverse cose oltre al limite dei ricavi innalzato a 65.000 €.

Sono stati aboliti precedenti limiti come quello dei 5.000 € per lavoro subordinato, di 20.000 € per acquisto di beni strumentali o di 30.000 € di redditi conseguiti nell’anno precedente come lavoratore dipendente.

Ora sono altri i limiti a cui si deve prestare attenzione.

Tra questi c’è ad esempio quello di non poter esercitare in maniera prevalente attività per il precedente datore di lavoro degli ultimi 2 anni o per soggetti ad esso collegati.

Il legislatore ha voluto con questo precetto, limitare il comportamento di certi datori di lavoro che per risparmiare gli oneri e i vincoli del lavoro dipendente avrebbero potuto licenziare, imponendo al dipendente di aprirsi la partita iva con il regime forfettario.

Un’altra causa di esclusione è quella di essere soci di srl che esercitano attività correlata alla propria.

Infine l’altra principale causa di esclusione è per quei soggetti che hanno un regime di vantaggio iva o che già determinano il reddito in maniera forfettaria, come i venditori porta a porta.

Fatturazione elettronica nel regime forfettario

Un’ altra cosa che ha reso appetibile l’entrata nel regime forfettario è sicuramente l’esonero dall’obbligo di emissione della fattura in formato elettronico.

Molti contribuenti, spaventati dal nuovo onere informatico, hanno infatti deciso di cambiare regime solo per rimandare di un anno detto obbligo. Già, perché l’esonero sarà solo per il 2019. A partire dal 2020 tutti i soggetti saranno obbligati a trasmettere la fattura in formato elettronico al sistema d’interscambio per adeguarsi anche alla normativa europea.

Per questo 2019 però si potrà godere ancora dall’esonero dalla fatturazione elettronica e le fatture potranno essere emesse con la vecchia modalità.

Vediamo come.

Fatture nel regime forfettario

Come si emettono le fatture nel regime forfettario? Vediamo gli elementi da considerare.

Oltre ai soliti dati anagrafici sia propri che del proprio cliente, un forfettario deve inserire nella propria fattura:

  • Il compenso (al quale non va applicata l’iva);
  • L’eventuale cassa professionale (4% per commercialisti, avvocati, architetti ecc.) o addebito del 4% a titolo di ritenuta inps
  • La marca a bollo di 2 euro a carico del cliente per prestazioni sopra i 78 euro. (Ricordiamo che la marca va applicata ogni qual volta in una fattura si superano i 78 euro non soggetti a iva, come nel caso del forfettario).
  • Il netto a pagare;
  • Infine, da non sottovalutare, le descrizioni che indicano il proprio regime di appartenenza che si sostanziano in queste 2 frasi:
–           Operazione in franchigia da IVA ai sensi dell’articolo 1 commi da 54 a 89 della Legge 190 del 23 dicembre 2014 – Regime forfetario
  • Il compenso non è soggetto a ritenute IRPEF ai sensi dell’articolo 1, comma 67 della stessa legge 190 del 23 dicembre 2014.

Cristiano Ronaldo alla Juventus: il tappeto rosso del fisco italiano

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Il passaggio di Cristiano Ronaldo alla Juventus è l’operazione di calciomercato più significativa della storia del calcio italiano. Non è un discorso legato solo ai 5 palloni d’oro e ai 27 titoli vinti dal fenomeno portoghese. Il discorso è un po’ più ampio e riguarda tutte le cifre dell’operazione che ha portato al trasferimento di Cristiano Ronaldo dal Real Madrid.

Vediamo un po’ di numeri

Il trasferimento di CR7 in bianconero ha comportato un esborso della squadra torinese di circa 112 milioni di euro tra cartellino e commissioni. Il giocatore invece guadagnerà 30 milioni di euro netti per 4 anni, cifra che si deve raddoppiare se si vuole vedere il peso effettivo sul bilancio della società. Per la Juventus dunque, l’operazione Cristiano Ronaldo, è un’operazione che costa circa 60 milioni di euro l’anno solo di ingaggio (240 in 4 anni).

Le somme percepite dalla Juventus, non sono però le uniche entrate del campione portoghese.

I guadagni di Cristiano Ronaldo al di fuori del calcio giocato

Cristiano Ronaldo , oltre a essere uno degli sportivi più forti della storia, ha un grande successo anche dal punto di vista del marketing. Grazie ai centinaia di milioni di followers sui vari social network (su Instagram è la persona più seguita al mondo con circa 134 milioni di seguaci), CR7 riesce ad avere dagli sponsor e dalle operazioni di marketing cifre ancora più alte degli stipendi già astronomici percepiti dalle squadre.

Attualmente, solo grazie alla Nike, Ronaldo incassa 30 milioni di euro annui. Secondo Forbes, nel 2017 i ricavi complessivi del giocatore al di fuori del salario percepito dal Real Madrid ammonterebbero a 54 milioni di euro. Una cifra astronomica dietro la quale si nascondono innumerevoli cavilli e disposizioni in materia fiscale.

Flat Tax

Ma veniamo ora al tappeto rosso steso dal fisco italiano a Cristiano Ronaldo.

Per capire di cosa stiamo parlando, occorre fare un passo indietro e parlare della flat tax, una tassa introdotta dalla Legge di Bilancio 2017.

Cos’è la flat tax? È un regime fiscale opzionale, alternativo a quello tradizionale che consente il pagamento di 100.000 € a titolo d’imposta sostitutiva su tutti i redditi prodotti all’estero. L’adesione all’opzione esclude però il meccanismo del credito d’imposta per le tasse pagate all’estero.

A chi si applica? Si applica ai soggetti che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia dopo averla avuta all’estero per almeno 9 degli ultimi 10 anni.

Rientrano nella flat tax tutti i redditi prodotti all’estero. Restano invece esclusi:

  • le plusvalenze realizzate, nei primi cinque anni dal trasferimento della residenza in Italia, da cessione di partecipazioni qualificate in soggetti esteri;
  • I redditi prodotti in Paesi che il contribuente intende escludere;
  • Qualsiasi reddito prodotto in Italia.

Il caso Cristiano Ronaldo

Se da una parte lo stipendio che CR7 percepirà dalla Juventus, sarà soggetto all’ordinaria tassazione prevista dal sistema fiscale Italiano (e quindi per 30 milioni che riceverà Ronaldo, ce ne sono circa 30 che la Juventus verserà a titolo di tasse e contributi), i redditi prodotti all’estero dal giocatore tra sponsor, percentuali sulle vendite di prodotti che portano il suo nome ed altri che confluiscono nel calderone che nel 2017 ammontava a 54 milioni di euro, possono beneficiare della flat tax e dunque, in Italia, per quei redditi Ronaldo pagherà solamente 100.000 € di imposta.

Sarebbe sciocco pensare che questo aspetto non ha inciso sulla trattativa tra Juventus e Real Madrid considerando che il campione ex Sporting Lisbona e Manchester United risparmierebbe, se si applicasse il caso al periodo d’imposta 2017, più di 20 milioni di euro d’imposta in un anno.

Considerando che in Spagna Ronaldo è stato condannato a pagare 19 milioni di euro al Fisco spagnolo, oltre a 2 anni di reclusione, è certo che, in Italia, l’ex madridista ha trovato una situazione più confortevole dal punto di vista fiscale.

Dott. Marco Palano 16/07/2018

Decreto Dignità: abolito lo split payment per i professionisti

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Sono tante le novità previste dal Decreto Dignità approvato lo scorso 2 luglio dal Consiglio dei Ministri. Tra queste, una delle più importanti che riguarda i professionisti è quella dell’abolizione dello split payment. A partire dalla sua entrata in vigore, i professionisti potranno fatturare le loro prestazioni professionali rese nei confronti della Pubblica Amministrazione con modalità ordinarie.

Cos’è lo split payment

Introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, lo split payment è un meccanismo attraverso il quale le Pubbliche Amministrazioni che acquistano beni o servizi, qualora non siano soggetti passivi IVA, versano direttamente all’Erario l’imposta sul valore aggiunto addebitata dai propri fornitori, pagando dunque a questi ultimi il corrispettivo al netto dell’IVA.

Tale meccanismo è stato introdotto per contrastare la forte evasione fiscale in ambito iva originata da soggetti che incassano l’IVA sulle fatture emesse, ma non la versano all’Erario nelle rispettive scadenze.

A chi si applica?

Si applica a:

  • Stato;
  • Organi statali dotati di personalità giuridica;
  • Enti pubblici territoriali;
  • Camera di Commercio;
  • Istituti Universitari;
  • Asl;
  • Enti di previdenza;
  • Enti di pubblica assistenza e beneficienza.

Abolizione dello split payment per i professionisti

Come previsto dall’art.11 del Decreto Dignità, lo split payment per i professionisti fa un ritorno alle origini.

Inizialmente era infatti prevista l’esclusione dei professionisti, ma la manovra correttiva 2017 (DL 50/2017) ha esteso l’obbligo a tutti i soggetti operanti con la Pubblica Amministrazione. Con il Decreto Dignità si torna dunque alla precedente disciplina.

I soggetti sottoposti a split payment

I soggetti sottoposti a split payment che ricevono le fatture dai professionisti, saranno dunque tenuti ad operare la ritenuta alla fonte e liquidare l’Iva a tali soggetti, invece di versarla direttamente all’Erario.

Dott. Marco Palano 10/07/2018

Obbligo di fatturazione elettronica per la cessione di carburanti: si va verso il rinvio

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In arrivo la proroga dell’obbligo di fatturazione elettronica per la cessione di carburanti. La legge di Bilancio 2018 aveva previsto l’entrata in vigore per il 1° luglio 2018.  Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Tria, è invece a lavoro per inserire nel decreto Dignità, atteso in settimana al Consiglio dei Ministri, il rinvio al 1° gennaio 2019.

Il primo gennaio sembra infatti una data più ragionevole per rendere obbligatoria una cosa per cui il paese si è dimostrato non ancora pronto. Ne è la prova schiacciante lo sciopero dei gestori di impianti di distribuzione di carburanti, previsto per ieri sera e annullato in seguito alla promessa di un rinvio dell’onere da parte del Ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Perché la fatturazione elettronica deve essere un’opportunità per il paese e uno strumento di crescita e non un elemento destabilizzante.

In attesa della proroga

SI rimane dunque in attesa della proroga per capire anche in che modo avverrà. Ancora non è chiaro infatti se ci sarà una proroga totale al 1 gennaio 2019 o se si procederà su binari paralleli. Nel primo caso la data di decorrenza dell’obbligo di fatturazione elettronica per tutto l’universo delle partite iva sarà appunto il 1° gennaio. Nel secondo, a partire dal 1 luglio 2018 potrà essere prevista sia la fattura elettronica, sia la classica scheda carburante, che sarà abolita definitivamente il 1 gennaio.

Dott. Marco Palano 26/06/2018

codici tributo - modello di pagamento unificato - 730/2017 - imposte sui redditi - rottamazione - modello rli

Ires: saldo 2017 e acconto 2018

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Si avvicina, per i soggetti Ires, la scadenza del versamento del saldo dell’imposta sui redditi del 2017 e dell’acconto per il 2018.

Scadenza

I versamenti vanno effettuati entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta. Nella maggior parte dei casi la chiusura del periodo d’imposta corrisponde al 31/12, quindi i versamenti vanno effettuati entro il 30 giugno. Per il 2018, il termine è allungato al 2 luglio visto che il 30 giugno cade di sabato.

Fino alla Legge di Bilancio 2016 invece, il pagamento era previsto per il 16 giugno, ma il Legislatore ha voluto concedere più tempo ai contribuenti viste le numerose scadenze di quel periodo (iva, ritenute, Imu e Tasi ecc.)

Pagamento entro 30 giorni con maggiorazione dello 0,4%

È concessa inoltre la facoltà di aderire al versamento entro 30 giorni con la maggiorazione dello 0,4%. La scadenza per tali soggetti corrisponderebbe al 1 agosto che, rappresentando l’inizio del periodo feriale, rimanderebbe ulteriormente la scadenza al 20 agosto.

Soggetti che approvano il Bilancio oltre i 4 mesi dalla chiusura

Le scadenze sopra citate, riguardano i soggetti che approvano il bilancio entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio. Stessa regola vale anche se viene approvato in seconda convocazione oltre i 4 mesi. Diverse sono invece le regole per quei soggetti che approvano il Bilancio oltre i 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio in base a particolari disposizioni di legge.

In ogni caso l’assemblea per l’approvazione va convocata in prima convocazione entro e non oltre 180 giorni dalla chiusura (29 giugno).

L’art. 2364 del codice civile prevede 2 ipotesi:

  • società tenute alla redazione del bilancio consolidato;
  • presenza di particolari esigenze connesse con la struttura e l’oggetto della società; in quest’ultimo caso, il maggior termine deve essere previsto dalla statuto della società.

Come detto in precedenza, la scadenza del 29 giugno riguarda la prima convocazione dell’assemblea. Si deduce che quindi il bilancio può essere approvato anche successivamente in seconda convocazione qualora non fosse possibile farlo in prima.

Possibilità di rateizzare

È prevista dall’ordinamento la facoltà per i contribuenti di rateizzare il debito fino a un massimo di 6 rate.

In questo caso però non è concesso il pagamento tardivo con maggiorazione dello 0,4 %.

Le scadenze dei pagamenti cadono in questa fattispecie il:

  • 02/07/2018;
  • 16/07/2018
  • 20/08/2018
  • 17/09/2018
  • 16/10/2018
  • 16/11/2018

Secondo acconto Ires

Il secondo acconto per il 2018 va invece versato tassativamente entro il 30/11/2018 in un’unica soluzione, senza possibilità di rateizzare. Se l’importo è inferiore a 257,52 euro, si può versare interamente nella scadenza del 30/11, lasciando da pagare al 30/06 solo il saldo per il 2017.

Modalità di pagamento

Il pagamento delle imposte avviene tramite f24. Nel compilarlo bisogna indicare:

  • Il codice tributo 2003;
  • L’anno 2017
  • La data 30/06/2018

Dott. Marco Palano 14/06/2018

Tasse - proroga - Modello 730 - Web Tax

Modello 730: cos’è, scadenze e chi deve presentarlo

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Il Modello 730 è il mezzo per compilare la dichiarazione dei redditi da parte di lavoratori dipendenti e pensionati.

Tipologie di reddito

È possibile servirsi di tale modello per dichiarare le seguenti tipologie di reddito:

  • Redditi di lavoro dipendente e assimilati;
  • Redditi da terreni o fabbricati;
  • Redditi di capitale;
  • Redditi da lavoro autonomo per i quali non si è tenuti ad aprire la partita iva;
  • Altri redditi;
  • Alcuni redditi assoggettabili a tassazione separata.

Modello 730 precompilato

Da un paio d’anni a questa parte il legislatore ha previsto un modello precompilato da mettere a disposizione dei contribuenti che contenga dati già noti al Fisco. Da quest’anno sono indicate anche le spese sanitarie note, ovvero quelle denunciate da altri soggetti come medici o farmacie.

Il contribuente può accettarla e spedirla così com’è o integrarla con altri dati non noti al Fisco.

Chi può presentarlo

Il contribuente può presentare il Modello 730 autonomamente tramite il proprio Pin INPS, o tramite CAF e Intermediari come i commercialisti o il proprio sostituto d’imposta.

Modello Unico

Talvolta, per determinati soggetti che possiedono altri redditi come ad esempio redditi d’impresa derivanti dall’esercizio di arti o professioni non è sufficiente il Modello 730. In questi casi va presentata una vera e propria dichiarazione tramite il Modello Unico.

Soggetti esonerati

Sono esonerati dalla dichiarazione dei redditi, che sia da Unico o da 730, quei soggetti che possiedono esclusivamente redditi derivanti da:

  • Abitazione principale;
  • Lavoro dipendente o pensione;
  • Lavoro dipendente o pensione con abitazione principale;
  • Rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
  • Redditi esenti come pensioni di guerra o alcune borse di studio;

O che possiedono esclusivamente redditi soggetti a imposta sostitutiva o ritenuta alla fonte.

L’esenzione riguarda anche i soggetti che non hanno raggiunto i così detti limiti reddituali.

Cosa fare per presentare il Modello 730

Si può presentare già compilato al proprio sostituto d’imposta o al Caf o ai professionisti iscritti all’albo dei commercialisti, esperti contabili o consulenti del lavoro, o farlo predisporre da questi ultimi dietro compenso aggiuntivo. Il contribuente dovrà solo decidere cosa fare in merito alla destinazione dlel’8 e del 5 per 1000 tramite il Modello 730-1. A tutto il resto infatti ci pensa il professionista incaricato.

Le eventuali eccedenze a debito o a credito vengono versate o trattenute direttamente nella busta paga di luglio o nella pensione. C’è la possibilità di richiedere l’invio del corrispettivo direttamente al contribuente, ma i tempi sono più lunghi.

Documentazione necessaria

Per la compilazione del Modello 730 sono necessari i seguenti documenti:

  • Certificazione Unica rilasciata dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico;
  • Fatture o scontrini di spese mediche o farmaci da banco;
  • Ricevute dei bonifici tramite i quali sono state pagate opere di ristrutturazione, quietanze degli oneri di urbanizzazione e attestati di versamento delle ritenute operate sui compensi dei professionisti;
  • Attestati di versamento degli acconti d’imposta effettuati dal contribuente;
  • Ultima dichiarazione presentata dalla quale si può evincere un’eccedenza d’imposta.

Scadenza dei termini di presentazione

Scadenza 730 e Redditi 2018: le date da ricordare 
730 precompilato accesso online dal 16 aprile 2018
730 precompilato accettare, modificare e inviare il modello

e modificare il modello Redditi precompilato.

dal 2 maggoio 2018
Inviare il modello Redditi precompilato dal 10 maggio 2018
E’ possbile trasmettere:

  • Redditi aggiuntivo del 730 presentando il frontespizio e i quadri RM, RT e RW;
  • Redditi correttivo per correggere e sostituire il 730 già inviato.
dal 24 maggio 2018
Annullare il 730 già inviato e presentare una nuova dichiarazione tramite l’applicazione web. L’annullamento del 730 si può fare solo una volta. dal 28 maggio al 20 giugno 2018
Ultimo giorno per versare il saldo e 1° acconto per i contribuenti con 730 senza sostituto d’imposta o con modello Redditi entro il 2 luglio 2018
Scadenza 730 ordinario per chi consegna il modello al sostituto d’imposta entro il 9 luglio 2018 in quanto il 7 cade d sabato
Scadenza 730 precompilato tramite l’applicazione web e scadenza 730 ordinario per chi si rivolge al CAF o professionista  entro il 23 luglio 2018
Scadenza versamento, con maggiorazione 0,40%, Saldo e 1° acconto per i contribuenti con 730 senza sostituto d’imposta o con modello Redditi  entro il 20 agosto 2018

Conservazione dei documenti

Tutti i documenti inerenti alla compilazione del Modello 730 devono essere conservati fino al 31 dicembre del quarto anno successivo alla dichiarazione.

E ora, se hai un Modello 730 da predisporre e trasmettere, affidalo ai nostri professionisti che saranno lieti di assisterti in tutti i passi dell’adempimento.

Dott. Marco palano 22/05/2018

Consulenza Fiscale

Spesometro: 5 giorni per regolarizzare i file scartati

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Il 6 aprile è scaduto il termine per la comunicazione dei dati delle fatture, il c.d. spesometro relativo al 2017. È possibile che alcuni file siano stati scartati dal sistema telematico dell’Agenzia delle Entrate in quanto viziati da errori di forma come ad esempio:

  • Nome;
  • Dimensione del file;
  • Certificato di firma;
  • Coerenza e validità del contenuto.

Come correggere il file

Il file va corretto dai vizi segnalati e inviato nuovamente. Il nuovo invio sostituisce completamente il precedente. Non bisognerà dunque inviare semplicemente le correzioni segnalate nello scarto, ma tutto il file originario corretto.

Quanto tempo si ha per regolarizzare

L’Agenzia delle Entrate concede  5 giorni per inviare nuovamente il file corretto dal momento di ricezione dello scarto.

C’è però la possibilità che un soggetto abbia ricevuto la notifica dello scarto oltre la scadenza del 6 aprile.

In questo caso, considerando che l’Agenzia dell’Entrate non specifica se si tratta di 5 giorni lavorativi o complessivi, per prudenza bisognerebbe inviare i file corretti non oltre mercoledì 11 aprile. Questo vale anche se la ricezione dello scarto è avvenuta in data odierna. Se non si regolarizza la posizione entro la scadenza dell’11 ci saranno i presupposti per applicare le sanzioni descritte nel seguente articolo ->

Spesometro: ravvedimento per comunicazione dati fatture del 2017

Dott. Marco Palano 10/04/2018

codici tributo - modello di pagamento unificato - 730/2017 - imposte sui redditi - rottamazione - modello rli

Spesometro: ravvedimento per comunicazione dati fatture del 2017

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Il 6 aprile è scaduto il termine per la comunicazione dei dati delle fatture del secondo semestre 2017, il c.d. Spesometro.

Come enunciato nell’art. 1-ter del DL 148/2017 era possibile entro la stessa data regolarizzare senza sanzioni anche la comunicazione relativa al primo semestre.

Sanzioni

Per tutte le comunicazioni effettuate a partire dal 7 aprile si applicano le sanzioni previste dal DLgs  471/97.

Nel dettaglio corrispondono a:

  • 1 euro per ogni fattura non dichiarata nella comunicazione fino a un massimo di 500 euro per trimestre, se la comunicazione è effettuata entro 15 giorni (23 aprile perché il 21 cade di sabato);
  • 2 euro per fattura fino a un massimo di 1000 euro trimestrali se la comunicazione è effettuata oltre il 24.

Con il ravvedimento operoso è possibile un’ulteriore riduzione delle sanzioni, la cui entità dipende dalla data del perfezionamento, ovvero dal momento del pagamento della sanzione.

Facciamo un esempio numerico.

Se bisogna effettuare un invio correttivo di dati di 100 fatture, se si effettua la comunicazione:

  • Entro il 23 aprile, si avranno 100 euro di sanzione. Se si effettua il ravvedimento operoso entro il 5 luglio, vale a dire entro 90 giorni dalla scadenza originaria, la sanzione è ridotta a 1/9 e dovrà quindi essere versato un importo di 11,12 euro.
  • Oltre il 23, si avranno 200 euro di sanzioni, ridotte a 22,24 se si effettua il ravvedimento entro il 5 luglio.

Questi numeri però si applicano solamente:

  • All’errata o omessa comunicazione del secondo semestre 2017;
  • All’errata comunicazione del 1 semestre effettuata entro il 6 aprile.

Per l’omessa comunicazione dei dati del primo semestre, resta salva la scadenza originaria del 16 ottobre 2017 per il calcolo di sanzioni e ravvedimento.

Dott. Marco Palano 09/04/2018

Cinquecento euro - blocco dei pagamenti

Credito d’imposta per investimenti in R&S: come si calcola il beneficio per il 2017

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La disciplina del credito d’imposta per investimenti in R&S è stata rafforzata dalla Legge di Bilancio 2017.

Le novità si applicano a partire dal 1 gennaio 2017 e andranno quindi ad influire sul Bilancio dello stesso anno. Analizziamo in questo articolo le principali novità, i soggetti interessati, quelli esclusi, le attività che rientrano nell’agevolazione e le modalità di calcolo.

Novità

Le novità della Legge di Bilancio 2017 riguardano:

  • L’aumento al 50% dell’aliquota di agevolazione, su tutte le spese ammissibili;
  • L’incremento da 5 a 20 milioni di euro per l’importo massimo annuale beneficiabile da ciascun soggetto;
  • L’estensione dei possibili beneficiari tra i quali sono inclusi anche soggetti residenti che svolgono attività di ricerca e sviluppo per conto di soggetti esteri;
  • L’ammissibilità di tutte le spese sostenute per personale impiegato in R&S, a prescindere dalla mansione specifica e dal titolo di studio.

Il beneficio sarà fruibile fino al periodo d’imposta al 31.12.2020. Per i soggetti il cui periodo d’imposta non coincide con l’anno solare, fino alla chiusura dell’esercizio 2020-2021.

Soggetti inclusi

I soggetti che possono beneficiare del credito d’imposta sono tutti i titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale o dal settore economico di appartenenza o regime contabile adottato.

Quindi sono incluse anche:

  • Enti non commerciali;
  • Imprese agricole;
  • Reti d’imprese;
  • Consorzi;
  • Imprese di nuova costituzione.

Sono invece escluse le imprese sottoposte a procedure concorsuali senza ipotesi di continuazione dell’attività

Attività agevolabili

Le attività agevolabili sono elencate nell’art.2 del D.M. 27 maggio 2015 e nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n.5/E del 2016.

Tra queste non ci sono solo ed esclusivamente spese sostenute direttamente in ambito tecnologico, ma anche spese indirette sostenute per l’acquisizione di conoscenze. Elencandole brevemente sono:

  • Lavori sperimentali o teorici svolti, la cui finalità è l’acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e fatti osservabili;
  • Ricerche pianificate mirate ad acquisire conoscenze per mettere a punto nuovi prodotti o migliorare quelli esistenti, nonché per migliorare i piani di sviluppo.
  • Quelle sostenute per la produzione e il collaudo di prodotti.

Sono ammesse all’agevolazione dunque attività di ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale e di produzione e collaudo.

Calcolo del beneficio

Abbiamo parlato di quali spese rientrano nel beneficio e chi può usufruirne. A quanto ammonta però in termini economici? Come influenza il bilancio d’esercizio? Si calcola su tutta la spesa sostenuta? Per spiegarlo meglio facciamo un esempio numerico.

Innanzitutto occorre premettere che il beneficio si calcola sulla spesa incrementale in R&S rispetto ai 3 esercizi precedenti a quello in corso al 31.12.2015. Sull’incremento andrà applicato il 50% previsto dalla Legge di Bilancio 2017 ottenendo così il credito d’imposta utilizzabile.

Ex. Investimenti agevolabili realizzati nel 2017     100.000 €

Media dei 3 esercizi 2012-2014                             50.000 €

Incremento                                                                50.000 €

Credito d’imposta utilizzabile (50.000*50%)    25.000 €

I 25.000 € così ottenuti possono essere utilizzati in compensazione a partire dal 1 gennaio 2018 direttamente in F24 mediante il codice tributo 6857.

Certificazione

Per poter beneficare del credito R&S è necessario che le spese sostenute siano certificate da un revisore o una società di revisione legale dei conti iscritti nel registro dei revisori legali.

L’obbligo sussiste anche per i le imprese non obbligate alla revisione legale dei conti o sprovviste di collegio sindacale.

Le spese sostenute per la certificazione delle spese agevolabili, rientrano nell’ambito del credito d’imposta e sono ammissibili al 100% fino a un massimo di 5.000 €.

La certificazione va predisposta e allegata al Bilancio e non è dovuta per quelle imprese che hanno un bilancio certificato, per le quali sussiste a prescindere l’obbligo di produrre una documentazione idonea ad attestare la spettanza del credito d’imposta.

Dott. Marco Palano 27/03/2018

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