LA CONTRATTAZIONE DI II LIVELLO: I BENEFICI DERIVANTI DAI PIANI DI WELFARE AZIENDALE

By 23 Giugno 2020News

Le PMI e le micro imprese italiane si fanno spesso scoraggiare di fronte alla possibilità di adottare un piano di welfare aziendale. Questo perchè lo ritengono troppo costoso e non ugualmente utile.
Tuttavia, in tempo di crisi post Covid19 è necessario focalizzarsi sugli strumenti che la Legge ci mette a disposizione per incentivare la produttività dei dipendenti ed acquisire il diritto ad ottenere benefici fiscali.
Le Leggi di Stabilità 2016 e 2017, hanno introdotto ed ampliato la detassazione dei benefici erogati tramite accordi di welfare aziendale, confermata dalla Finanziaria 2018, così favorendo quei servizi che i datori di lavoro mettono a disposizione dei dipendenti e loro familiari per finalità di istruzione, educazione, ricreazione, previdenza complementare, assistenza sociale e sanitaria, tramite contrattazione di II livello.
Proviamo a creare un focus sui consistenti benefici fiscali, e non solo, che tali piani possono produrre.

1. ATTRACTION & RETENTION: IL BENESSERE AL PRIMO POSTO!

Adottare piani di welfare aziendale aumenta il grado di attrattività e ritenzione delle imprese agli occhi della forza lavoro, che richiede all’organizzazione di appartenenza più benessere sul posto di lavoro, un costante accrescimento culturale ed il tanto acclamato work-life balance.
In tempo di #Covid19 il ricorso diffuso allo smart working ha fatto discutere. Questa metodologia di lavoro pur non riscontrando il favore di tutti, ha rappresentato però un rimedio al blackout totale delle imprese italiane, che, conseguentemente, sono riuscite a mantenere accettabili livelli occupazionali.
Il lavoro agile è un beneficio bilaterale per aziende e dipendenti anche in tempi ordinari. Esso consente ai lavoratori di adempiere ai propri doveri da casa senza danno per la produttività, accresce il grado di fiducia azienda – lavoratore e stimola il senso di responsabilizzazione del dipendente senza spreco di risorse.
Lo smart working fa venir meno il diritto al buono pasto, giacché a causa della mancata presenza in azienda non è più fiscalmente giustificabile, ma ciò ha fornito lo spunto per individuare altre forme di sostegno al reddito come il buono wi-fi, il buono corrente elettrica, il buono smart-phone, e via dicendo.
Insomma, al di là delle novità che il Legislatore vorrà introdurre in tema per favorire l’accordo delle parti sociali, tramite i contratti di welfare aziendale il datore di lavoro riconosce un plus al lavoratore rispetto al c.d. minimo sindacale garantito dai CCNL di categoria.

2. BENEFICI FISCALI: UN SISTEMA A VANTAGGI DI IMPRESE E DIPENDENTI

Le iniziative di welfare aziendale garantiscono, inoltre, alcuni vantaggi fiscali ad aziende e dipendenti.
Per l’azienda il vantaggio più immediato consiste nel diritto di dedurre i costi dei servizi offerti ai dipendenti dall’imponibile IRES (la cui aliquota è attualmente del 24%).
Per il dipendente, invece, il beneficio risiede nella riduzione dei contributi a suo carico e dell’aliquota IRPEF, che in alcuni casi e con talune modalità viene completamente azzerata rispetto all’aumento dello stipendio.
Ad esempio, un’azienda con imponibile IRES di 1 milione di euro dovrebbe versare un’IRES di 240mila euro. Adottando un piano di welfare contenete servizi di sostegno ai dipendenti per un costo complessivo di 100mila euro, dedurrebbe integralmente tale importo dall’imponibile portandolo a 900mila euro, con un calo conseguenziale di 24mila euro dell’imposta da versare.
Lato dipendente, un aumento in busta paga di 2.000 euro lordi annui al netto di imposte e contributi ammonterebbe a 1.200 euro circa. Se lo stesso importo fosse erogato nell’ambito di un piano di welfare negoziato, i 2.000 euro non subirebbero alcuna trattenuta se l’avente diritto convertisse il premio di risultato in iniziative di sostegno in ambito previdenziale, sanitario, sociale, educativo, ricreativo, etc. Se, invece, scegliesse il pagamento in denaro, pagherebbe un’aliquota IRPEF c.d. flat del 10% senza cumulo con altri redditi e la sua quota di contributi del 9,19%.
È bene precisare che la detassazione dei premi vale solo se il piano di welfare è offerto alla generalità dei dipendenti o ad una categoria omogenea di essi. Se, diversamente, i piani fossero riservati solo a lavoratori determinati, non si potrebbe usufruire delle agevolazioni fiscali e gli eventuali bonus erogati verrebbero assoggettati alla legislazione ordinaria prevista dal TUIR (art. 51, comma 3°) in tema di fringe benefit.
Infine, se i vantaggi fiscali per i dipendenti si applicano sia ai piani di welfare basati su un contratto sia a quelli istituiti su base volontaria dall’impresa, la detassazione del reddito d’azienda vale soltanto per le iniziative di welfare basate su un contratto. Su quelle concesse volontariamente dal datore di lavoro la deducibilità non sarà del 100%, bensì sarà ridotta al 5 per mille (0,5%).

Giulia Palano
Legal Advisor and Human Resources Management

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